“«La speranza non delude» (Rm 5,5) e ci rende forti nella tribolazione” è il titolo del Messaggio di Papa Francesco per la XXXIII Giornata Mondiale del Malato, pubblicato oggi sul Bollettino della Santa Sede.
La Giornata Mondiale del Malato viene celebrata annualmente l’11 febbraio, memoria liturgica della Beata Vergine di Lourdes. Ogni tre anni, la celebrazione della Giornata si svolge in forma solenne presso un santuario mariano. A causa del Giubileo 2025, Papa Francesco ha disposto che la celebrazione, che avrebbe dovuto tenersi quest’anno, si terrà invece l’11 febbraio 2026, presso il Santuario Mariano della Virgen de Chapi, di Arequipa, in Perù.
Nell’Anno Giubilare 2025 la Chiesa celebrerà la Giornata Mondiale del Malato in forma ordinaria, a livello diocesano, l’11 febbraio, il Giubileo degli Ammalati e del Mondo della Sanità, il 5 e 6 aprile, e il Giubileo delle Persone con Disabilità, il 28 e 29 aprile.
Nel 2025, in cui la Chiesa ci invita a farci “pellegrini di speranza”, per celebrare la Giornata dedicata agli ammalati il Santo Padre ha scelto un passo della Lettera di San Paolo ai Romani, nella quale l’apostolo infonde coraggio alla comunità cristiana di Roma.
La speranza, dunque, messaggio centrale del Giubileo, sostanzia l’invito, e insieme l’augurio, del Papa a tutti coloro che soffrono e a coloro che degli infermi si prendono cura. Una speranza che - osserva Francesco – ci rende saldi nelle difficoltà, e offre alimento a quella virtù che è chiamata fortezza ed è - come la speranza – un dono di Dio.
Proprio il dono è uno degli aspetti attraverso cui si manifesta la presenza di Dio nella nostra vita. “Mai come nella sofferenza, infatti – si legge nel Messaggio - ci si rende conto che ogni speranza viene dal Signore, e che quindi è prima di tutto un dono da accogliere e da coltivare, rimanendo «fedeli alla fedeltà di Dio» (La speranza è una luce nella notte, 2024).” E un dono è anche la possibilità di camminare accanto al Risorto, che quella sofferenza riempie di senso, per cui anche noi, come i discepoli di Emmaus (cfr Lc 24,13-53) “possiamo condividere con Lui il nostro smarrimento, le nostre preoccupazioni e le nostre delusioni, possiamo ascoltare la sua Parola che ci illumina e infiamma il cuore e riconoscerlo presente nello spezzare del Pane”.
Appare chiaro dunque come la malattia sia anzitutto una occasione di incontro con Cristo. “Nel tempo della malattia, infatti – scrive Papa Francesco - se da una parte sentiamo tutta la nostra fragilità di creature – fisica, psicologica e spirituale –, dall’altra facciamo esperienza della vicinanza e della compassione di Dio, che in Gesù ha condiviso le nostre sofferenze” e così scopriamo che possiamo ancorarci ad una roccia incrollabile e sperimentiamo la consolazione che viene da Dio.
Ma si tratta parimenti di un incontro con l’altro, con chi è malato, con chi cura e si prende cura. Ecco allora che i luoghi in cui si soffre – gli ospedali, le case di cura, le famiglie - diventano anche “luoghi di condivisione, in cui ci si arricchisce a vicenda. Quante volte – osserva il Santo Padre - al capezzale di un malato, si impara a sperare! Quante volte, stando vicino a chi soffre, si impara a credere! Quante volte, chinandosi su chi è nel bisogno, si scopre l’amore! Ci si rende conto, cioè, di essere “angeli” di speranza, messaggeri di Dio, gli uni per gli altri, tutti insieme: malati, medici, infermieri, familiari, amici, sacerdoti, religiosi e religiose”.
Questo camminare insieme – conclude Papa Francesco – “è un segno per tutti, «un inno alla dignità umana, un canto di speranza»”. Una testimonianza luminosa che sostanzia l’esortazione di questo Giubileo: «Spes non confundit», «la speranza non delude».