Dal 15 al 19 ottobre 2018 si è svolta, nella sede romana della FAO, la 45a sessione del Comitato per la Sicurezza Alimentare (CFS). Il CFS è un’ampia piattaforma internazionale dedicata alla lotta alla fame e alla malnutrizione. Vi partecipano gli Stati membri della FAO, nonché rappresentanti della società civile e del settore privato. Talvolta vi prendono parte anche rappresentanti di autorità locali o di enti accademici.
Il lunedì 15 ottobre ricorreva la Giornata internazionale delle Donne rurali e, l’indomani, la Giornata mondiale dell’Alimentazione – l’apice di questa intensa settimana di riunioni. La Giornata mondiale dell’Alimentazione aveva, quest’anno, il tema “Le nostre azioni sono il nostro futuro. Un mondo a Fame Zero per il 2030 è possibile”, e quella mattina è stato letto l’accorato Messaggio del Santo Padre.
Nelle discussioni in assemblea plenaria sono state sì affrontate questioni procedurali relative al lavoro del CFS, ma i partecipanti hanno potuto esprimersi anche in merito alle tematiche emblematiche della FAO (basandosi sui recenti rapporti commissionati dal CFS e soprattutto sulla recente pubblicazione State of Food Security and Nutrition in the World 2018).
Emerge innanzitutto la necessità di migliorare contestualmente sia la produzione responsabile, sia il consumo responsabile, al fine di promuovere un cibo maggiormente salutare e sostenibile, e dunque diete migliori per il pianeta e per l’umanità. Difatti, la lotta alla fame non è solo una questione di quantità, ma anche di stili alimentari. Una sana alimentazione è importantissima, soprattutto nelle prime tappe della vita. Inoltre, non va dimenticato che l’obesità, oramai, si diffonde rapidamente persino nei Paesi in via di sviluppo (e numerosi relatori si sono soffermati sull’elevato costo socioeconomico dell’obesità). È stato sottolineato il problema della prevalenza di cibo industriale a buon prezzo, facile da preparare e conservare, potentemente reclamizzato, ma poco salutare e sprovvisto delle qualità nutritive dei cibi freschi. Ne scaturisce l’importanza di incoraggiare e agevolare il consumo di cibo fresco, se possibile prodotto localmente. Il cibo fresco è però spesso più costoso; la sua produzione e la sua commercializzazione da parte delle piccole comunità rurali nei Paesi in via di sviluppo sono ostacolate dalle condizioni di stoccaggio spesso inadeguate e che causano ingenti perdite dopo i raccolti; e risulta che – almeno in alcuni Paesi – le grandi aziende dell’industria agro-alimentare stentino ad appoggiare l’adozione di leggi, tasse e di standard volti a tutelare la salubrità degli alimenti. Al centro delle discussioni anche l’educazione e le scuole: rendere i pasti piacevoli nelle scuole affinché i bambini siano meno tentati dalle merendine; inculcare sin dall’infanzia l’attenzione per una nutrizione sana e sostenibile per l’ambiente.
Per raggiungere l’Obiettivo delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile dedicato alla fame, cioè per debellare la fame in modo equo, inclusivo, sostenibile e nutriente, appare indispensabile una forte volontà politica. Una tale volontà – hanno spiegato i relatori – si traduce e concretizza in apposite e coerenti politiche, e nelle relative priorità finanziarie, nella creazione di meccanismi e agenzie di coordinamento tra le varie amministrazioni includendo anche la società civile, i produttori, il settore sanitario e gli altri numerosi attori coinvolti. Si traduce e si concretizza anche nella lotta alla corruzione e nella condivisione di esperienze e conoscenze ai vari livelli, alla luce del principio della sussidiarietà.
In molti hanno presentato sforzi in corso nei loro Paesi per incoraggiare e valorizzare il contributo delle donne, dei giovani e delle comunità più povere o indigene nei processi decisionali, nell’economia, nel modo in cui vengono sviluppate e applicate nuove tecnologie. Sono anche opportunamente stati evidenziati i numerosi collegamenti tra il cibo, l’acqua, l’energia e i suoli.
Purtroppo, la malnutrizione aumenta a livello globale e, ancora una volta, il numero di persone affamate è in aumento in numeri assoluti (come asserito dal State of Food Security and Nutrition in the World 2018 – questa tendenza verso l’alto si conferma da alcuni anni, dopo un periodo incoraggiante di riduzione). Ciò pare rispecchiare l’apparente incapacità o la carenza di volontà da parte della Comunità delle Nazioni e/o di singoli Stati di affrontare le cause strutturali della persistenza della fame, quelle dei cicli di sottosviluppo che affliggono tante zone rurali, e di porre termine ai conflitti armati che scombussolano la produzione alimentare e spingono le persone alla migrazione caotica. Poi, il fatto che la malnutrizione aumenti rapidamente (obesità e cibo di bassa qualità) anche nei Paesi più poveri rispecchia l’affermarsi e l’estensione di un modello di produzione e di consumo inadeguato. È da temere uno stallo nella lotta alla fame? Difficile rispondere. Si prenda comunque atto delle controversie che caratterizzano alcuni lavori del CFS: posture diverse in merito a definizioni (come nel caso della cosiddetta “agroecologia”, o ancora nel caso dello stesso “diritto all’alimentazione”), al ruolo degli investimenti, al ruolo della tecnologia e dell’industria agroalimentare, al controllo delle aziende attive nel settore agroindustriale. Tali divergenze – che possono essere più o meno drastiche e avere svariate origini – nuocciono all’indispensabile azione collettiva. Inoltre, la situazione alimentare nei prossimi anni potrebbe essere ulteriormente aggravata dall’innegabile degrado delle condizioni ecologiche e di sicurezza in numerose zone del pianeta, e da sofisticate forme di accaparramento delle terre per finalità altamente redditizie piuttosto che per contribuire alla sicurezza alimentare. Non a caso il Messaggio di Papa Francesco ribadisce: «Qualcuno può dire che abbiamo ancora davanti dodici anni per realizzare questo piano. E, tuttavia, i poveri non possono aspettare. La loro situazione calamitosa non lo permette. Perciò è necessario agire in modo urgente, coordinato e sistematico. (…) Manca realmente la volontà politica. È necessario volere davvero mettere fine alla fame, e questo, in definitiva e prima di tutto, non si realizzerà senza la convinzione etica, comune a tutti i popoli e alle differenti visioni religiose, che pone al centro di qualsiasi iniziativa il bene integrale della persona e che consiste nel fare all’altro quello che vorremmo fosse fatto a noi stessi. Si tratta di un’azione fondata sulla solidarietà tra tutte le nazioni e di misure che siano l’espressione del sentire della popolazione».
In conclusione, si può sperare e adoperarsi affinché proprio il cibo – per la sua valenza culturale, sociale, familiare ed ecologica, per i suoi collegamenti con le scelte dei consumatori e dei produttori, con il mondo del lavoro, con la salute – possa essere uno dei fattori di ispirazione e motivazione per un rinnovato sforzo orientato a ripensare i modelli economici, a raggiungere l’obiettivo Fame Zero, e più generalmente per il perseguimento del bene comune dell’intera famiglia umana da parte dei Governi e degli enti che gravitano attorno alla FAO.
Per approfondire:
· I Messaggi dei Pontefici rivolti in occasione della Giornata mondiale dell’Alimentazione (iniziando con San Giovanni Paolo II e la Giornata mondiale dell’Alimentazione del 16 ottobre 1981).
· Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Terra e Cibo, 2015.
· Pontificio Consiglio Cor Unum, La fame nel mondo. Una sfida per tutti: lo sviluppo solidale, 1996.